Mario Geymonat e il ritrovamento delle teorie perdute di Archimede

archimede
EUREKA II, IL RITORNO (Andrea Mameli, L'Unione Sarda, 9 febbraio 2008)
Matematica, fisica, geometria, astronomia, devono qualcosa al suo genio. Chi non conosce la spinta che porta il suo nome, quella che fa galleggiare una nave da 100 mila tonnellate?. O la storia degli specchi che diedero fuoco alla flotta romana nel 212 avanti Cristo. O la leva con la quale si potrebbe sollevare il mondo. O l'esclamazione Éureka!
Archimede di Siracusa per questo, e molto altro, può essere considerato il più grande scienziato dell'antichità. Delle sue opere, scritte presumibilmente dopo il 240 avanti Cristo, alcune parti sono andate perdute. Ma recentemente alcuni testi, che si ritenevano scomparsi, stanno lentamente riaffiorando, grazie a nuove tecniche di analisi e restauro dei libri antichi. Un'accurata ispezione ai raggi X condotta all'Università di Stanford (in stretta collaborazione con il Walters Art Museum di Baltimora, Usa) nell'ambito dell'Archimedes Palimpsest Project, ha permesso di scoprire la scrittura di Archimede sotto un testo religioso del Tredicesimo secolo. Le 174 pagine del palinsesto (con questo nome sono indicati i codici stratificati ottenuti riciclando per un nuovo uso pergamente già utilizzate) contengono sette opere di Archimede: Sull’equilibrio dei piani, Sulle spirali, La misura del cerchio, Sulla sfera e il cilindro, Sui corpi galleggianti, Stomachion, Il metodo dei teoremi meccanici. Se si fa eccezione le prime quattro opere (delle quali era noto un testo greco) e per il trattato Sui corpi galleggianti, di cui si aveva solo una traduzione latina, questo lavoro si rivela di straordinaria importanza rispetto allo Stomachion (del quale si conserva solo un frammento in arabo) e soprattutto per Il metodo dei teoremi meccanici, opera completamente sconosciuta.
La tecnologia che ha reso possibile l'eccezionale scoperta si basa sulla presenza di ferro nell'inchiostro. E l'Università di Stanford dispone di un acceleratore lineare in grado di produrre raggi X ad altissima potenza che trovano impiego nella ricerca di piccolissime quantità di ferro. Quel che accade è relativamente semplice: il fascio di raggi X fa saltar via un elettrone dei 26 che compongono un atomo di ferro, il quale diviene instabile e tende a ripristinare l'equilibrio spostando un altro elettrone. Questo movimento causa l'emissione di una caratteristica fluorescenza di raggi X che la strumentazione di Stanford è in grado di rilevare. Così, scrutando gli antichi fogli forniti dal Walters Art Museum di Baltimora (acquistati nel 1998 a un'asta di Christie's per più di due milioni di dollari) l'immagine delle tracce d’inchiostro permette di ricostruire i testi di Archimede che per secoli erano rimasti coperti da disegni e preghiere medioevali. Per decifrare una parola è necessaria un'ora di lavoro, così i ricercatori impegnati in questo progetto dal 1999 hanno in programma la ricostruzione digitale dell'intera opera entro il 2008.
"È stato come ricevere un fax dal terzo secolo avanti Cristo" dichiarò nell'agosto 2006 Will Noel, curatore dei manoscritti rari al Museo di Baltimora. Di quel fax mancano ancora le ultime pagine.
Quest'avvincente storia che cavalca i secoli è contenuta nel libro di Mario Geymonat: Il grande Archimede (Sandro Teti editore, 136 pagine, 16 euro). L'autore, latinista dell'Università Ca' Foscari di Venezia, descrive la statura dello scienziato siracusano presentandoci un affresco avvincente delle invenzioni, dei ragionamenti e del pensiero archimedeo. L'autore ci ricorda che ad Archimede siamo debitori del calcolo esatto del rapporto fra circonferenza e diametro del cerchio e tra sfera e cilindro, il famoso pigreco. Ma anche studi approfonditi della spirale, la misurazione del peso specifico (alla cui scoperta si ricondurrebbe la celebre esclamazione Éureka, Éureka!), il calcolo del numero di granelli di sabbia necessari a riempire l'universo. Poi, dato che Archimede al genio teorico univa anche quello dell'inventore, Geymonat ci restituisce una rassegna di sistemi come la vite a chiocciola a flusso continuo utilizzata per sollevare masse di liquidi, le catapulte, navi corazzate, congegni di difesa navale (la mano di ferro) e, forse, gli specchi ustori. Il dubbio riguarda la tipologia di specchio e contraddice l'iconografia (in particolare l'affresco della volta dello stanzino delle matematiche al Museo degli Uffizi, dipinto da Giulio Parigi nel 1599) e la tradizione, che vedono in Archimede l'inventore di grandi parabole riflettenti. In realtà, come dimostrato da esperimenti condotti in varie parti del mondo (in particolare al MIT nel 2005) per portare alla combustione le navi romane con il sole si sarebbero dovuti orientare con grande precisione alcune centinaia di specchi piani altamente riflettenti.
Il libro di Geymonat, con un linguaggio accessibile e un'eccellente documentazione iconografica, illustra in dieci capitoli i contenuti e gli sviluppi dell'opera archimedea. Dalla misurazione del rapporto tra circonferenza e diametro del cerchio al principio della leva, dallo studio della spirale alle scoperte nel campo dell'idrostatica, dagli enunciati e i postulati su sfera e cilindro ai calcoli dell'Arenario, i giochi matematici dello Stomachion e del Problema dei buoi, da invenzioni come la nave Syracusia ai celebri specchi ustori, fino ai principi generali del trattato Metodo sui problemi meccanici. Il decimo e ultimo capitolo descrive la storia del mito e degli aspetti leggendari sorti accanto alla figura di Archimede: aneddoti dei contemporanei e numerosi echi nella poesia latina in Virgilio, Orazio, Catullo e Cicerone.
Nato a Siracusa nel 287 avanti Cristo, Archimede vi morì 75 anni dopo, trucidato da un soldato romano a quanto pare indispettito perché lo scienziato continuava a dedicarsi a problemi astratti di geometria, durante la drammatica presa di Siracusa, nel 212 a.C. All'assalitore Archimede avrebbe urlato: Non scompigliare i miei cerchi! Così sarebbe nata l'espressione Noli turbare circulos meos "divenuta proverbiale – spiega Geymonat – in riferimento all'intellettuale con la testa fra le nuvole che vuole continuare astrattamente il suo lavoro anche quando la situazione si è fatta insostenibile."
L'editore Sandro Teti ha impreziosito l'eccellente opera di Geymonat con l'introduzione di Zohres Alferov, premio Nobel per la Fisica nel 2000, e con la prefazione di Luciano Canfora, filologo classico e storico della scienza.
Il libro sarà presentato a Cagliari il 13 maggio, su invito dell'Università, in occasione del centenario della nascita di Ludovico Geymonat (padre dell'autore) uno dei più importanti filosofi italiani del Novecento e primo docente in Italia a ricoprire la cattedra di Filosofia della scienza. Ma questa è un'altra storia.

L'articolo in formato Pdf

Il sito dell'editore

Commenti

Anonimo ha detto…
Dovrebbe correggere questa frase, in quanto può generare dei dubbi:
"ha permesso di scoprire la scrittura di Archimede sotto un testo religioso del Tredicesimo secolo."
In realtà la scriptio inferior risale al X secolo e quindi non puo' assolutamente essere di Archimede, cioè scritta di suo pugno. Si tratta ovviamente di una copia.

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