Il paradiso può attendere (il cassonetto giusto)

In paradiso senza passare dal cimitero. Solo una breve attesa in bare di fortuna. Nessun rito funebre, neanche una lacrima, ma una sepoltura in bare di gruppo, divisi per classe sociale. Separati in base al materiale di cui son fatti. È la sorte dei riufiuti nebluoghi di villeggiatura con pochi alberghi e molte case per le vacanze. Accanto a umani che si riposano (o sperano di farlo) ci sono oggetti, parti di oggetti, sostanze, frammenti che iniziano il loro trapasso pronti a reincarnarsi in nuovi oggetti. E il paradiso degli scarti, meglio noto come oasi ecologica, offre il posto giusto a tutti i tipi di quella che un tempo si chiamava immondezza e terminava il suo ciclo terreno in enormi, tristi, orribili fosse comuni. Ma anche allora succedeva qualcosa: quella trasformazione post mortem delle sostanze organiche spiegata magistralmente da Primo Levi (La tavola periodica) con la storia di un atomo di Carbonio.
Chissà quanti di quei turisti che conferiscono i sottoprodotti delle loro vacanze, scegliendo accuratamente il giusto cassonetto, pensano alla sorte delle loro scorie.
Di certo non ci pensano coloro che depongono le bottiglie di pet senza prima staccare l'etichetta di carta o quelli che lasciano la finestrella di plastica trasparente attaccata alla scatola di cartone della pasta. O peggio gli sciagurati che vestono i loro residui organici con le buste di plastica nera, manco fossero salme da portare in obitorio.

Andrea Mameli. Blog Linguaggio Macchina, 10 Agosto 2014
Un cassonetto dell'oasi ecologica di Villasimius

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