Il cervello degli chef. Uno studio del CNR IBFM di Catanzaro pubblicato su Plos One

Uno studio dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro pubblicato sulla rivista Plos One svela il cervello degli chef: Increased cerebellar gray matter volume in head chefs.
I ricercatori si sono chiesti se il lavoro di direzione di cucina possa indurre un iper-sviluppo cerebrale e rendere più abili e veloci: le attività che richiedono un continuo aggiornamento e perfezionamento delle capacità acquisite nel tempo sono infatti di fondamentale interesse scientifico.
«Le neuroscienze - spiega Antonio Cerasa, il ricercatore Ibfm-Cnr che ha ideato e coordinato lo studio - si sono sempre occupate di musicisti, scacchisti, taxisti e sportivi, dimostrando che l’allenamento finalizzato al miglioramento delle proprie prestazioni produce fenomeni di plasticità neurale rilevabili con le tecniche di risonanza magnetica. Nessuno, però, aveva mai studiato gli chef, una categoria di lavoratori impegnati per lunghi periodi di tempo in un’attività motoria e soprattutto cognitiva molto particolare».
Il gruppo di ricerca ha sottoposto undici head chef della Calabria, selezionati dalla Federazione italiana cuochi (Fic), a un esame di risonanza magnetica e a una lunga serie di test neuropsicologici.
«Volevamo scoprire - continua Cerasa - se questa categoria possedesse una particolare abilità cognitiva associata ad un cambiamento strutturale del cervello. Le neuroimmagini ci hanno rivelato che in effetti il loro cervelletto, la parte del cervello conosciuta per il suo ruolo essenziale nella coordinazione motoria e nella programmazione cognitiva di atti motori, presenta un aumento di volume della materia grigia».
Dai test è anche emerso che le variabili associate all’aumento di volume cerebrale sono la dimensione della brigata di cucina e le abilità nello svolgere un compito di pianificazione motoria: all'aumentare delle persone coordinate corrisponde un aumento di volume del cervelletto.
«Questi risultati - conclude Cerasa - confermerebbero che l’allenamento produce modifiche a lungo termine sia a livello comportamentale sia a livello organico, rendendo il cervello degli chef ‘speciale’ come quello di altri expert brains già studiati dalla letteratura scientifica».

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