20 dicembre 2005
15 novembre 2005
20 ottobre 2005
Il fisico Giorgio Parisi: «La ricerca non finirà». Confronto all'Università con Giuntini e Tagliagambe (L'Unione Sarda, 20 ottobre 2005)
«Anche a patto di riuscire a creare un modello del mondo completo ed esaustivo non si assisterebbe alla fine della fisica: nascerebbero sicuramente nuove domande e si aprirebbero nuovi scenari interpretativi». Ne è convinto Giorgio Parisi, 56 anni, ordinario di Teorie Quantistiche all'Università La Sapienza di Roma, ritenuto uno dei maggiori studiosi della fisica dei sistemi complessi e della meccanica statistica. Il fisico romano, che ha al suo attivo più di 500 pubblicazioni su riviste internazionali, libri e innumerevoli riconoscimenti, l'ultimo dei quali la Laurea Honoris Causa in Filosofia conferitagli dall'Università di Urbino, è intervenuto a Cagliari sul tema La visione del mondo dopo relatività e meccanica quantistica insieme a un logico (Roberto Giuntini, Università di Cagliari) e un filosofo della scienza (Silvano Tagliagambe, Università di Sassari).
13 ottobre 2005
12 ottobre 2005
Balzani, più scienza significa più pace (L'Unione Sarda, 12 ottobre 2005)
Ma come definire esattamente scienza e pace?
«La scienza è un’attività umana che usa la ricerca per produrre conoscenza su com’è fatta la realtà, come funziona il mondo, ma anche come si può inventare qualcosa che in natura non esiste. Il tutto in modo rigoroso, oggettivo e non dogmatico. Per pace invece io intendo una condizione che si espande in cerchi concentrici, dalla condizione del singolo, alla famiglia, alle comunità locali, fino ai rapporti fra le nazioni. Ecco perché, comunque la si pensi, c’è molto bisogno di pace e di scienza. Un bisogno inestinguibile, perché la consapevolezza delle situazioni di disagio e di sofferenza cresce e parallelamente le domande sulla natura diventano sempre più impegnative e difficili. Tuttavia bisogna tenere presente che la conoscenza profonda della natura introduce modifiche nella realtà, dalla meccanica quantistica alla medicina, alle indagini antropologiche su civiltà viventi».
Altra cosa è l’applicazione del sapere scientifico, ha spiegato Balzani: «Scopo della tecnologia è realizzare sistemi, macchine, prodotti, in grado di mettere a frutto la conoscenza. Tutte le innovazioni possono avere risvolti negativi, secondo come vengono dirette. Pensiamo alle macchine per seminare il grano, a un certo punto alcune fabbriche le hanno modificate per seminare mine antiuomo. E pensiamo agli sviluppi futuri: sensori interni al nostro corpo pronti a diagnosticare qualsiasi malattia, cervelli in perenne contatto con i computer, nanotecnologie in campo medico, eccetera».
Dov’è allora il limite?
«Mentre nel caso della tecnologia appare evidente la necessità di indirizzare, non sembra logico porre dei limiti alla scienza, che per definizione ha diritto di esplorare per conoscere. Ma per sapere occorre agire, e questo agire porta inevitabilmente alla responsabilità di assumere determinate conseguenze, in campo morale, materiale, culturale, allora anche la ricerca pura in fondo non è completamente libera. Anche in tema finanziamenti: se viene deciso di assegnare milioni di euro o di dollari a un progetto, significa che ad altri progetti potranno essere destinati meno fondi. Le scelte operate dal potere politico sono scelte determinanti. Inoltre è difficile imporre scale di priorità o regole cui attenersi vista la velocità impressionante alla quale tutto cambia attualmente».
Come comportarsi allora?
«Innanzitutto - ha concluso Balzani - io sostengo che più si sviluppa la scienza, più si sviluppa la pace, esorto quindi i ragazzi a interessarsi alla scienza. Poi incoraggerei gli insegnanti a esporre gli sviluppi più avanzati e a raccontare la storia della scienza in maniera non neutrale, facendo così emergere che un laser o una sostanza radioattiva possono essere usate bene, in campo sanitario, o male, come armi».
04 ottobre 2005
Ottobre 1965: nasce il primo Personal Computer. E' italiano. Non avrà seguito.

Così Perotto descrive quei giorni dell'ottobre 1965 in L’invenzione del personal computer: una storia appassionante mai raccontata: "Non appena il pubblico si accorse della Programma 101 e si rese conto delle sue prestazioni, cominciò ad affollarsi nella saletta, desideroso di mettere le mani sulla tastiera, di avere informazioni su quando il prodotto sarebbe stato disponibile, sul suo prezzo. In un primo tempo le reazioni furono quasi di diffidenza: alcuni chiesero se per caso la macchina non fosse azionata da qualche grosso calcolatore nascosto dietro la parete! Poi la diffidenza si mutò in stupore, infine in entusiasmo. I dipendenti americani dell'Olivetti che presidiavano lo stand vennero distolti dalla presentazione di tutte le altre macchine esposte in prima fila e furono monopolizzati dal nuovo prodotto elettronico. Trascinati dal pubblico, di buon grado si dedicarono alle dimostrazioni, a fornire informazioni, a far giocare la gente con la macchina. Io stesso venni pregato di prestarmi a far parte dell'esibizione, giocando ad una specie di partita ai dadi, nel quale l'uomo e il computer si sfidavano a raggiungere un numero predeterminato, senza superarlo; e dato che venivo frequentemente battuto, questo dava al presentatore la opportunità di proclamare: la Programma 101 riesce a battere il suo creatore!"
La stampa Usa non esita a presentare la perottina come il primo computer programmabile da tavolo.
Alcuni titoli di quei giorni. Daily News Record (15 ottobre 1965): "Olivetti launches new dimensions in computers". New York Journal American (23 ottobre 1965): "A desktop computer". Business Week (23 ottobre 1965): "Desk-top" computer is typewriter size". Engineering News-record (11 novembre 1965): "Keyboard computer sits on desk".
Piergiorgio Perotto nel 1991 ha ottenuto il premio Leonardo da Vinci per la creazione del modello P101, da alcuni ritenuto il primo esempio di Personal Computer, da altri la prima macchina programmabile da scrivania.
Lo stile della perottina era così innovativo e funzionale che la perottina e altre opere del design del giovane architetto Mario Bellini furono esposte al Museum of Modern Arts di New York. Più recentemente allo Stedelijk Museum di Amsterdam.
Il successo di pubblico e di critica della Olivetti P101 alla presentazione neworkese e i lusinghieri risultati commerciali (circa 40 mila modelli venduti in dieci anni di produzione) lasciano immaginare cosa sarebbe potuto succedere se la casa di Ivrea avesse deciso di proseguire su questa strada. Ma non fu così.
Ora la perottina è un pezzo ricercato da musei e collezionisti di tutto il mondo.
Andrea Mameli, 5 Ottobre 2005
12 agosto 2005
06 agosto 2005
01 agosto 2005
28 luglio 2005
Los Alamos, quell'alba estiva vide sorgere un secondo sole (L'Unione Sarda, 28 luglio 2005)
"Appuntamento a Hiroshima": diario della più terribile invenzione della storia
Los Alamos, quell’alba estiva vide sorgere un secondo sole
Dal Trinity Test ai due lanci sul Giappone, la bomba atomica
La notte tra il 15 e il 16 luglio del 1945 quasi nessuno riuscì a prendere sonno. Tra scienziati, tecnici e militari impegnati a Los Alamos nella creazione della bomba atomica si era diffusa una formidabile eccitazione. Tutti erano vittime dell’emozione di assistere al Trinity Test e vedere alla prova la nuova arma ma anche del timore che l’esperimento conclusivo del Progetto Manhattan potesse fallire. Così la gigantesca esplosione del primo ordigno al plutonio, all’alba del 16 luglio, giunse come una liberazione. Ma fu l’inizio dell’incubo atomico.
In Appuntamento a Hiroshima (Longanesi, 365 pagine, 18 Euro) Stephen Walker descrive così l’esperienza provata dagli uomini riuniti nel deserto del New Mexico: "Sorse dal deserto come un secondo sole, una palla di fuoco brillante e ardente in continua espansione, e terrorizzò tutti quelli che la guardarono. Nel primo millesimo di secondo parve qualcosa di orrendamente alieno, una forma gigantesca, carnosa, simile a un cervello con punte infuocate che schizzavano da tutte le parti mentre il cielo gli si apriva davanti. In quello stesso millisecondo, l’istante esatto della sua nascita, la temperatura del suo nucleo aveva raggiunto diversi milioni di gradi centigradi, diecimila volte più calda della superficie del sole, e il lampo accecante era assai più luminoso. Avvolse le montagne e il deserto con un’intensità e una chiarezza che nessuno degli astanti avrebbe mai dimenticato. L’impatto fu mostruoso e primordiale".
Il progetto Manhattan
Walker, studi storici a Oxford e a Harvard e ora regista di documentari, ripercorre le vicende umane, politiche e scientifiche che accompagnarono l’evento più drammatico della seconda guerra mondiale. Lo fa in maniera avvincente, documentando ogni notizia, dalla nascita del progetto al test Trinity, dalle esercitazioni del 509° gruppo dell’aviazione Usa alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki. Così descrive il clima di quei tempi: "Le due bombe accorciarono indubbiamente la guerra. È tuttora fonte di infiniti dibattiti quanto a lungo i giapponesi avrebbero ancora potuto resistere se non fossero state sganciate le due atomiche. Senza dubbio i combattimenti avrebbero fatto altre vittime, anche se non è possibile sapere se sarebbero state più o meno numerose di quelle che effettivamente perirono nelle due città giapponesi. Il fatto assodato è che la percezione di una minaccia da parte dell’Unione Sovietica ebbe un ruolo importante nella decisione di utilizzare la bomba atomica". Oggi i luoghi in cui si svolse il test Trinity fanno parte di un poligono missilistico di ventimila ettari e le grandi macchie verde smeraldo visibili nelle foto satellitari (accessibili via Internet con Google Map) mostrano ancora la sabbia vetrificata, effetto delle altissime temperature sprigionate nel corso delle esplosioni. Per la creazione dell’atomica gli Usa investirono circa 2 miliardi di dollari impiegando in totale 125 mila persone tra cui centinaia di scienziati, molti dei quali provenienti dall’Europa, compresi Enrico Fermi e altri italiani. Alla base di tutto i progressi fatti registrare in quegli anni nella fisica teorica e sperimentale. In particolare la scoperta che la fissione nucleare, la rottura del nucleo di un atomo con liberazione di enormi quantità di energia, poteva essere controllata. Utilizzando pochi kg di Plutonio (Trinity Test e Nagasaki) o di Uranio (Hiroshima) si otteneva l’effetto di migliaia di tonnellate di tritolo (kilotoni). La mattina del 16 luglio l’energia emessa fu pari a 20 kilotoni.
Misteri della Germania nazista
Si ritiene che la Germania nazista sarebbe riuscita a raggiungere i risultati del progetto Manhattan con oltre un anno di ritardo. Ma in un libro di Reiner Karlsch Hitler’s Bombe (DVA, 2005) riemerge la testimonianza di Luigi Romersa, uomo di fiducia di Mussolini, che nell’ottobre del 1944 si recò in Germania, su incarico del Duce, per assistere alla presentazione di una nuova straordinaria arma. Secondo l’autore si sarebbe trattato di una bomba al plutonio. Citando un rapporto dello spionaggio sovietico Karlsch racconta che nel marzo del 1945, in Turingia, furono fatte esplodere due bombe all’Uranio 235 che causarono la morte di centinaia di cavie umane, prigionieri di un vicino campo di concentramento. Recentemente il settimanale tedesco Der Spiegel ha ricordato che il 14 maggio 1945 un grande sommergibile tedesco, nome in codice U 234 XB, si arrese negli Usa, consegnando oltre a due aerei a reazione Messerschmidt 262, anche mezza tonnellata di ossido di uranio. Come contropartita di questo prezioso carico gli Usa avrebbero concesso la libertà a due ospiti dell’U-boat: Heinrich Mueller, comandante della Gestapo e Martin Bormann, capo del partito nazista e segretario di Hitler. Carter Hydrick nel suo Critical Mass: la vera storia della nascita della bomba atomica (1998) sostiene apertamente questa tesi e aggiunge che senza l’apporto tedesco il progetto Manhattan avrebbe accumulato mesi di ritardo.
La sabbia del Poetto
Il volume del Comitato di controllo degli effetti delle radiazioni atomiche delle Nazioni Unite che raccoglie tutte le informazioni relative ai materiali radioattivi derivanti da attività umane indica piccoli aumenti in concomitanza con ciascuno degli oltre duemila test eseguiti in atmosfera e nel sottosuolo. «In Sardegna - spiega Paolo Randaccio, docente di Fisica applicata all’Università di Cagliari e membro della sezione cagliaritana dell’INFN (Istituto nazionale di fisica nucleare) - analizzando campioni di terreno stratificati si nota che i livelli del Cesio 137 si innalzarono in corrispondenza dei test francesi nel deserto algerino (1960 e 1961) e dell’incidente di Cernobyl (1986). Altro dato eloquente è la sabbia del Poetto. Quella del ripascimento, essendo stata schermata fino a pochissimi anni fa, non presenta tracce di inquinamento radioattivo dovuto a esplosioni e incidenti nucleari, mentre siamo in grado di misurarle nella sabbia che è rimasta esposta in precedenza. Questi valori, molto significativi dal punto di vista scientifico, per fortuna non lo sono dal punto di vista sanitario. La radioattività, come il fuoco o la gravità, è un fenomeno naturale e bisogna conoscerla per evitarla quando supera livelli di guardia». Il laboratorio di Monserrato fornisce l’opportunità di approfondire questi studi distribuendo gratuitamente un semplice kit per allestire una piccola stazione di monitoraggio della radioattività, a disposizione di tutte le scuole che ne faranno richiesta: http://randaccio.ca.infn.it/laborad/
Andrea Mameli
02 giugno 2005
16 maggio 2005
Da Voltaire al Web, è la nuova Enciclopedia. Wikipedia, ovvero un fenomeno in continua crescita grazie alla partecipazione libera e volontaria (L'Unione Sarda, 16 maggio 2005)
Da Voltaire al Web, è la nuova Enciclopedia
Wikipedia, ovvero un fenomeno in continua crescita grazie alla partecipazione libera e volontaria