15 febbraio 2014

Galleggiava sull'Atlantico da 58 anni per scopi scientifici la bottiglia ritrovata in Canada il 20 Gennaio 2014


Una bottiglia lanciata nell'oceano Atlantico nel 1956 è stata recuperata sulla spiagga di un'isoletta della Nuova Scozia, in Canada, da Warren N. Joyce (Canada's Department of Fisheries and Oceans).
La bottiglia faceva parte delle 300 mila lanciate in acqua da Dean Bumpus, lo scienziato canadese che studiava le correnti oceaniche.
Bottle. Woods Hole Oceanographic Institution (USA)
Joyce ha trovato la bottiglia (foto sopra) il 20 Gennaio 2014 nell'isoletta chiamata Sable Island.
https://www.whoi.edu/oceanus/feature/bumpus
Dopo la riconsegna della bottiglia Joyce ha ricevuto la ricompensa di mezzo dollaro, come promesso da Bumpus nel 1956.


P.S. Joyce ha informato i ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution per mezzo della posta elettronica: Message Bottled in an Email


Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina,15 Febbraio 2014

13 febbraio 2014

Il portale cagliari-sardegna2019.eu è online

Continua il cammino di Cagliari verso la designazione della Capitale Europea della Cultura 2019. Oggi il Sindaco Massimo Zedda e l'Assessore alla Cultura Enrica Puggioni hanno presentato il portale cagliari-sardegna2019.eu


Oltre alle informazioni istituzionali, la descrizione del progetto e l'area con gli appuntamenti e le novità, un ampio spazio è riservato alla condivisione dei tweet e alla partecipazione (con una sezione apposita):


L'Assessore alla Cultura del Comune di Cagliari, Francesca Puggioni, ha 6 Marzo nel centro culturale Ghetto degli Ebrei sarà inaugurato lo spazio "Cagliari-Sardegna 2019", progettato insieme ai docenti e agli studenti del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura, un laboratorio urbano aperto, il cui scopo sarà mettere in scena i contenuti della candidatura. Il 14 Marzo nello spazio culturale Search verrà inaugurata la mostra "Quando tutto era sotto casa" dedicata al commercio tra Ottocento e Novecento. Nei mesi di Marzo e Aprile, inoltre, sarà organizzata la nuova residenza d'artista dei Musei Civici: un prototipo di EuCHo (European Culture Home) o area di creazione culturale. Il concetto dell’EuCHo è simile a quello della bottega dell’arte, con tutte le sue implicazioni di produzione, animazione, formazione, comunicazione. Al suo interno sarà possibile incontrarsi, confrontarsi, creare, scambiarsi i saperi e le conoscenze e ibridare le proprie arti. Questo spazio è ispirato dai modelli di partecipazione culturale già presenti in Europa che coinvolgerà: operatori culturali locali, attori economici del territorio, artisti, scuoleamministrazioni, cittadini.
illustrato le prime attività in programma: il

L'esperienza dell'EuCHo coinvolgerà in particolare il quartiere di Is Mirrionis con attività di animazione urbana e formazione degli operatori, con quartier generale nel Castello San Michele: Residenza di Is Mirrionis.

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 13 Febbraio 2014

12 febbraio 2014

Accompagnare i bambini nel pianeta programmazione: Linguaggio Macchina intervista Agnese Addone (Coder Dojo Roma)

«La metodologia che si usa nei CoderDojo è quella che uso da anni a scuola e in cui credo fermamente: il learning by doing, che a mio avviso rappresenta l'unico modo davvero efficace per sviluppare le competenze dei bambini. Credo che ogni docente dovrebbe "assaggiare" un dojo almeno una volta nella vita, perché vale più di mille corsi di formazione». 
(Agnese Addone)

Il blog Linguaggio Macchina, coinvolto nell'organizzazione del Coder Dojo Cagliari, inizia una serie di approfondmenti sul tema. Partiamo con l'intervista a Agnese Addone, mentor del Coder Dojo Roma.  Agnese fa un bellissimo lavoro (insegna in una scuola primaria) e da anni segue progetti nati per motivare i bambini all'uso consapevole delle tecnologie: la posta elettronica, la costruzione di blog e siti web, l'uso consapevole della ricerca in rete e dei social e ovviamente l'utilizzo di Scratch.
Agnese con bambini di 5 e 6 anni. Coder Dojo Roma, lab CoderKids.
Cosa significa introdurre la prograzione nei bambini di età inferiore a i 12 anni?
«Insegnare a programmare ai bambini è davvero una sfida. In realtà la programmazione utilizzando Scratch è molto semplificata dalla struttura a blocchi, che aiuta i bambini nel processo creativo. Un bambino impegnato a programmare si trova a dover risolvere un problema, è di fronte ad una prova di matematica. Per questo motivo molti insegnanti stanno sperimentando l'educazione alla programmazione anche a scuola. Per me è stata ed è una grande opportunità formativa: ho imparato e imparo ogni giorno moltissimo. I mentor che ho conosciuto tramite CoderDojo sono persone davvero speciali, con le quali ho un continuo scambio su temi di metodo e obiettivi».

Come si organizza un Code Dojo?
«Il CoderDojo si organizza quando c'è un gruppo di mentor motivati a prestare il loro tempo gratuitamente per circa tre ore. Non è necessario avere competenze informatiche ma tanta voglia di darsi da fare. È necessario disporre di una sala con prese multiple di corrente e possibilmente una rete wifi, un videoproiettore e uno schermo per mostrare il tutorial iniziale nel quale si danno le prime informazioni per cominciare. Ogni bambino deve portare con sé un PC, la merenda e un genitore, che rimane con lui, a distanza, per tutta la durata del dojo».

Qual è il ruolo del mentor?
«Il mentor aiuta i bambini a trovare le soluzioni da soli e a cercare in se stessi le risorse creative. Non interviene mai direttamente dicendo cosa fare o come risolvere un problema; non mette mai le mani sulla tastiera o sul mouse, ma fa in modo che il bambino, poco alla volta, riesca da solo a realizzare il proprio progetto».

Avete scelto fasce d'età ristrette?
«Inizialmente sì, avevamo un certo timore di tenere insieme età diverse. il problema principale che ci si poneva era quello degli obiettivi: creare un videogioco, una presentazione, un'animazione... ma far combaciare le richieste e i desideri di bambini di età diverse ci sembrava impossibile. Di fatto, all'ultimo dojo, e così forse sarà anche per il prossimo, abbiamo deciso di tenere tre diversi laboratori in cui i bambini sono stati divisi nelle tre fasce 5-6 anni, 7-11 e 12-14. Purtroppo anche questo si è rivelato solo in parte utile: alcuni bambini più piccoli in realtà sono molto avanti, alcuni più grandi non avevano mai partecipato ad un dojo. Per il prossimo dojo ragioneremo piu' sui livelli di competenza che non sulla fascia d'età. Fermo restando il lab per i piccolissimi, che essendo unplugged non comporta conoscenze specifiche su scratch».

I bambini erano seguiti da un programmatore con ruolo di docente e altri come tutor in giro per la sala?
«I nostri mentor sono quasi tutti programmatori o comunque ingegneri, maker ecc. Io e Caterina Moscetti, una cara amica umbra che mi sostiene e mi aiuta ad organizzare e gestire il lab dei piccoli, siamo gli unici mentor provenienti dal mondo scuola. Generalmente un mentor "anziano" propone ai bambini un tutorial di circa mezz'ora per presentare le funzioni principali di scratch e poi i bambini iniziano a dedicarsi ai singoli progetti con l'aiuto dei mentor. Nel nostro caso il rapporto mentor bambini e' altissimo. e' una scelta che ci permette di seguirli molto bene e di fara arrivare tutti alla conclusione del progetto senza frustrazione. Io sono la docente del lab piccolissimi, che ha pochi iscritti, con fascia 7-8 anni e 3 mentor».

Coder Dojo Roma
Quali sono generalmente le reazioni dei bambini?
«I bambini sono entusiasti: anche se alcuni all'inizio faticano un po' e procedono per tentativi, alla fine sono sempre tutti molto soddisfatti dell'esperienza. Qui a roma fatichiamo a contenere le richieste e ci capita di dover chiudere le iscrizioni con una waiting list ancora aperta. Anche i genitori sono molto contenti e raramente esprimono parere negativo: solitamente sono quelli i cui figli hanno avuto difficoltà a realizzare il progetto che avevano in mente nel tempo a disposizione».

Quali sono le principali difficoltà?
«Le difficoltà, almeno qui a Roma, sono soprattutto sul piano organizzativo. La città è grande e a volte capita di dover gestire all'ultimo momento le rinunce dei mentor, dei ragazzi, i disguidi dovuti al traffico...finora non abbiamo avuto particolari difficoltà, e abbiamo avuto fino a 60 bambini contemporaneamente! È necessario definire una liberatoria per l'utilizzo delle fotografie scattate durante i laboratori, dato che si tratta di minori».

A che tipo di spese si deve far fronte?
«Finora siamo in autofinanziamento, con collette e buona volontà. I docenti/tutor prestano il loro tempo a titolo gratuito. E il charter che Doder Dojo ci ha chiesto di sottoscrivere e che io ho firmato per Roma ci impegna a rimanere non profit».

Nuove idee?
«All'interno di CoderDojo Roma a dicembre 2013 durante la HourOfCode ho promosso un collegamento hangout tra i dojo italiani - Come nasce un hangout Dojo - e alcune scuole in cui si lavora con Scratch per dimostrare ai bambini che l'interesse per la programmazione è condiviso da altri bambini in Italia».


Andrea Mameli, Blog Linguaggio Macchina, 11 Febbraio 2014



10 febbraio 2014

C(on)nessioni: computer in mostra. Open Campus Tiscali

Ho sbagliato titolo: C(on)nessioni non è una mostra di computer. Quella allestita nelle pareti dell'Open Campus di Tiscali secondo me è qualcosa di più, e di meglio. Per sei ragioni.

Dietrich Steinmetz all'inaugurazione dell'Open Campus Tiscali [Foto: Andrea Mameli]
Primo: Dietrich Steinmetz ha donato questi reperti a Tiscali dopo averli conservati per anni e Alice Soru ha pensato alle pareti dell'Open Campus Tiscali come destinazione finale per una selezione del materiale ricevuto con il duplice scopo di arricchire un moderno spazio di lavoro condiviso e di mostrare, in maniera originale, il percorso evolutivo dei computer personali.


Secondo: sono immersi in una storia, anzi in più storie: quella della loro presenza sul mercato come oggetti commerciali, quella del loro utilizzo, quella del guasto che li aveva condotti da Dietrich Steinmetz e quella della loro esposizione, che è in qualche modo una resurrezione.

Terzo: non sono chiusi dentro teche ma sono inseriti nelle pareti, nelle quali non sono poggiati ma dalle quali sporgono, si possono toccare e si possono fotografare (peraltro senza gli odiosi riflessi tipici delle teche trasparenti).

Quarto: sono immersi in un ambiente di lavoro e non collocati nelle stanze di un museo dove sarebbero accessibili solo per essere ammirati.

Quinto: la loro disposizione e le decorazioni delle pareti soddisfano la duplice esigenza di dare un senso alla loro presenza e di darlo con una scelta estetica originale, grazie agli artisti Tellas e Campidarte. 

Sesto: questi oggetti, presi uno alla volta, non sarebbero altro che vecchi computer, rottami, hardware obsoleto, ferraglia e plastica, chiamateli come volete, mentre vederli insieme li rende parte di un segmento di conoscenza.

Dietro un'operazione come questa (che tecnicamente si chiama retrocomputing) sono nascoste tracce che chiedono solo di essere decifrate. Tracce di conoscenza, d'ingegno, di design. Detto con una parola grossa: cultura.

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 10 Febbraio 2014

Open Tiscali Campus: il Commodore social
Open Tiscali Campus: la parete dei Sinclair e dei Commodore









Sinclair ZX81. Open Campus Tiscali.

09 febbraio 2014

L'evoluzione della porta: i quadrati rotanti di Klemens Torggler

La porta a cardini laterali è una di quelle invenzioni che, se si fa eccezione per i particolari come le serrature e le maniglie, non è mai cambiata. Si tratta essenzialmente di un oggetto in grado di ruotare facilmente lungo la linea dei cardini.
Una caratteristica costante in questo tipo di porte è la posizione della maniglia: nel punto più lontano dall’asse di rotazione della porta (compatibilmente con la funzione della stessa maniglia: serve lo spazio utile per poterla maneggiare senza sforzo).
Che quella sia la posizione migliore per la maniglia risulta chiaro se si prova a spingere la porta applicando la forza (poggiando la mano) più vicino ai cardini. La rotazione dipende dalla forza e dalla sua distanza dall’asse di rotazione (il prodotto tra queste due grandezze è quello che si chiama momento).

La novità è la porta senza cardini proposta dal designer austriaco Klemens Torggler, basata su due quadrati rotanti. Per capire il meccanismo è necessario dare uno sguardo alle foto e ai video che riporto qui di seguito.

Coder Dojo Cagliari: un sogno che si realizza

Perché i bambini non possono entrare dentro i computer come fanno i grandi?
Questa domanda mi è riecheggiata spesso in mente. Mi fu rivolta nel 1997 da una bambina in visita al CRS4, dove mi occupavo di accogliere le visite delle scolaresche e di mostrare loro come funzionava il web.
Così quando i ragazzi del Fab Lab di Trento, il 28 Luglio 2013, mi dissero che stavano organizzando corsi di programmazione per bambini, iniziai a intravedere la risposta. Mi fu chiaro che il Coder Dojo, la palestre di programmazione per ragazzi nata in Irlanda nel 2011, poteva rappresentare un'ottima strada per avvicinare i bambini alla programmazione. Un avvicinamento giocoso, che in realtà per me non era nuovo: l'avevo già assaporato nel 1995 a Vicenza partecipando al campo scout organizzato dal Gruppo Sperimentazione Informatica dell'Agesci (la fotografia che scattai in quel campo - sopra - è finita nella copertina della mia tesi sperimentale: LibLab: un'applicazione interattiva nella didattica della Fisica).
Perlustrando la varietà di proposte che compongono la galassia Coder Dojo ho trovato anche un altro elemento che fa parte della mia storia: l'HTML. A parte l'esperienza da "accatiemmellista" a Video On Line (1995) per me è significativo ricordare il laboratorio di informatica che ebbi la fortuna di tenere alla Facoltà dell'Università di Cagliari dal 1999 al 2001. Recentemente ho scoperto che in molti casi nei Coder Dojo si utilizza l'HTML nello stesso modo in cui lo utilizzavo io con le matricole di Scienze della Formazione: formattare una pagina con un codice per mostrare gli effetti in un browser. Un'esperienza, questa, che racchiude secondo me un forte valore formativo.
Se è vero, come si legge nella home page del sito di Coder Dojo Roma, che «Saper programmare è importante come leggere e scrivere», allora è vero che anche i linguaggi che ci permettono di entrare dentro il computer, il tablet, lo smartphone, fanno parte della cultura.
Per questo io vedo Coder Dojo Cagliari come parte di quel processo che dovrebbe portare Cagliari a diventare la Capitale Europea della Cultura del 2019.
Come scriveva ieri Dan Crow sul quotidiano The Guardian (Why every child should learn to code): «Programmare è l'arte di fornire al computer le istruzioni per eseguire compiti complessi. Una volta che sai scrivere codice, puoi creare mondi virtuali all'interno del computer e l'unico limite è l'immaginazione. Vogliamo mettere questo potere nelle mani e nel cuore di ogni bambino in Gran Bretagna. Chiunque può imparare a scrivere codice. In poche ore si possono acquisire le competenze di base e in poche settimane si può essere capaci di creare applicazioni utili e siti web».
Secondo Dan Crow, che di professione fa l'informatico, imparare a programmare non serve necessariamente a imparare il mestiere del programmatore quanto a favorire il pensiero computazionale (computational thinking) ovvero la capacità di affrontare i problemi combinando il pensiero matematico con la logica.
Crow ci ricorda anche che in Gran Bretagna il 2014 è l'anno della programmazione: Year of Code.
Un altro aspetto cruciale è insito in quel paradosso della nostra epoca per il quale l'aumento della confidenza con la tecnologia non si accompagna a una conoscenza dei processi guidano e organizzano la tecnologia stessa. L'esempio lampante, focalizzato proprio nelle fasce d'età interessate dal Coder Dojo, è quello del videogioco: bambini e ragazzi divorano il videogame e ne parlano con i coetanei, diventano molto bravi a superare le prove e a avanzare nei livelli di gioco. Ma non sanno cosa c'è dietro e come sono fatti.
Per tutte queste ragioni ho iniziato a sognare Coder Dojo Cagliari e nei mesi scorsi ho raccolto intorno a quest'idea prima l'entusiasmo di alcuni amici (Mariangela Argiolas, Manuel Floris, Pier Giuliano Nioi, Raffaelangela Pani, Andrea Serra) e poi la preziosa disponibilità del Tiscali Open Campus e della Biblioteca Ragazzi della Provincia di Cagliari.
Stiamo progettando due eventi, per diverse fasce d'età, nei prossimi mesi a Cagliari. E accanto ai corsi di programmazione per i bambini abbiamo pensato di organizzare dei seminari per i genitori: per il primo evento abbiamo coinvolto Anna Rita Vizzari, insegnante 2.0 esperta di utilizzo di tecnologie ICT in classe (con la formula del BYOD).
Gli appuntamenti e tutti i dettagli saranno nel blog Coder Dojo Cagliari.


Andrea Mameli
Blog Linguaggio Macchina
9 Febbraio 2014