L'Accabadora di Enrico Pau, un film contro la guerra: "dimenticare sarebbe peggio"
Ieri ho visto L'Accabadora di Enrico Pau al cinema Odissea di Cagliari. Rientrato a casa ho aperto una bottiglia di moscato Simieri del 1998. Ho riempito un bicchiere e ho cercato di raccogliere le idee sul film. Ma ho iniziato con il ricordo delle mie sensazioni sul set (un'esperienza microscopica ma che mi ha fatto riflettere molto).
Così è affiorato nitido (complice il Simieri) un ricordo di quel settembre 2014: percorrevo piazza Carlo Alberto ricoperta di macerie e riportata alla devastazione di quei giorni e pensavo alle storie di quelle persone, alle loro fragilità, alle loro paure e alla loro forza. E nella mia mente rimbalzava anche l'eco delle parole di mia madre su quelle tragiche vicende, parole di chi le ha vissute sulla sua pelle... forse è questo il motivo della mia espressione nella foto che riporto qui accanto (per gentile concessione di Nicola Casamassima). E forse è per questo che trovo un significato profondo nel film di Enrico: la necessità, dolorosa e insieme doverosa, di ricordare la guerra. In questo è rivelatrice, a metà film, la risposta di Albert (Barry Ward) all'orrore suscitato in Annetta (Donatella Finocchiaro) dalle foto che ritraggono Cagliari distrutta dalle bombe alleate: "dimenticare sarebbe peggio".
Così mi sono convinto di una cosa: questo film è, innanzitutto, un film sulla guerra, sulla memoria della gurrra e contro la guerra.
Ora ho una confessione da fare: è la seconda volta che piango al cinema. La prima fu nel 1993 con Schindler's List. La seconda risale a qualche ora fa, quando ho visto Sant'Efisio tra le macerie dei bombardamenti nel 1943 (a proposito: mi sembra eccellente la scelta di Enrico di incastonare nella narrazione il filmato girato da Marino Cao nel 1943).
Ho apprezzato molto anche l'idea di mostrare le cere anatomiche di Clemente Susini: un appiglio razionale in un mondo che sembrava destinato alla distruzione.
Ma non sarei onesto se tacessi cosa non mi è piaciuto: non riuscire capire cosa schiaccia dentro un tovagliolo Annetta in cucina. Forse la farina povera, con le castagne o le ghiande? Peccato, perché secondo me il cibo, in una ricostruzione come questa, ha la sua importanza. Ma forse è solo una mia fissazione.
Buona visione
Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 21 aprile 2017
[Foto: Nicola Casamassima. Set L'Accabadora, Cagliari, 2014] |
Così mi sono convinto di una cosa: questo film è, innanzitutto, un film sulla guerra, sulla memoria della gurrra e contro la guerra.
Ora ho una confessione da fare: è la seconda volta che piango al cinema. La prima fu nel 1993 con Schindler's List. La seconda risale a qualche ora fa, quando ho visto Sant'Efisio tra le macerie dei bombardamenti nel 1943 (a proposito: mi sembra eccellente la scelta di Enrico di incastonare nella narrazione il filmato girato da Marino Cao nel 1943).
Ho apprezzato molto anche l'idea di mostrare le cere anatomiche di Clemente Susini: un appiglio razionale in un mondo che sembrava destinato alla distruzione.
Ma non sarei onesto se tacessi cosa non mi è piaciuto: non riuscire capire cosa schiaccia dentro un tovagliolo Annetta in cucina. Forse la farina povera, con le castagne o le ghiande? Peccato, perché secondo me il cibo, in una ricostruzione come questa, ha la sua importanza. Ma forse è solo una mia fissazione.
Buona visione
Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 21 aprile 2017
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