Cose viste a Londra (4): il Crossrail Place Roof Garden e Maria Grazia Zedda (Equality Diversity and Inclusion Workforce Manager per High Speed Two

Ho avuto la fortuna di conoscere Maria Grazia Zedda alcuni anni fa e il piacere di intervistarla più volte (per L'Unione Sarda nel 2013, per Radio X con Andrea Ferrero nel 2016).
Ho così imparato a scoprire la competenza di Maria Grazia in un ambito importante ma spesso sottovalutato: il contrasto alle discriminazioni nel lavoro (e nel percorso per trovare lavoro). 
E ho apprezzato molto la sua tenacia e caparbietà, tutta sarda.
L'ho ritrovata a Londra poche settimane fa: questa è l'intervista che mi ha concesso all'ombra del Crossrail Place Roof Garden, un maestoso giardino sospeso nel cuore della "city".
Devo ringraziare Maria Grazia per avermi fatto scoprore questa zona di Londra di cui avevo a mala pena sentito parlare. Grattacieli accanto agli antichi ormeggi. Mezzi pubblici più che efficienti. Marciapiedi puliti e vetrine luccicanti. Un giardino pensile che non ti aspetti (il Crossrail Place Roof Garden appunto) e poi questo bar - ristorante - Giant Robot, affacciato sul Tamigi, in cui è stata scattata questa foto.
Da destra verso sinistra: Maria Grazia Zedda, Andrea Mameli, Raffaelangela Pani (Londra, Crossrail Place Roof Garden, Giant Robot, agosto 2018) [Foto: Luca Mameli]

Maria Grazia, tu lavori da queste parti: come ti trovi? 
«Mi trovo benissimo: la zona di Canary Wharf è poco conosciuta ma ha una ricca storia basata sul passato coloniale del Regno Unito. Mi piace stare in questo quartiere modernissimo costruito su isolette e canali sul Tamigi, ci sono negozi interessanti, street food e quindi che volere di più?»

Di che cosa ti sei occupata negli ultimi anni?
«Negli ultime tre anni io e la mia famiglia siamo tornati dalla Scozia dove abbiamo vissuto per 5 anni e ho lavorato come EDI (Equality Diversity and Inclusion) Manager per la LTA (Lawn Tennis Association). Adesso ho il grande privilegio di lavorare come EDI Workforce Manager per High Speed Two (HS2) la nuova ferrovia nascente che sarà operativa tra 15 anni e che catalizzerà una nuova economia del Regno Unito. È un grande onore per me essere parte di questo progetto e spero di continuare a esserlo in futuro. Lavoro in un team che spianerà la strada per il resto del mondo ferroviario in materia di inclusione degli impiegati, del design delle stazioni e dei treni stessi, dell'accessibilità e del coinvolgimento con le comunità locali.»

Il Regno Unito mi sembra sempre molto avanti per l'integrazione e contro le discriminazioni, ma a tuo modo di vedere cosa manca ancora?
«Nel Regno Unito abbiamo una buona legislazione ma esiste al momento una crisi esistenziale che secondo me ha dato origine al Brexit, come in tante nazioni del mondo dove movimenti protezionisti e conservatori stanno avanzando, in quanto la globalizzazione è arrivata molto in fretta e i leader politici non hanno investito in una strategia di educazione e di economia locale. Hanno permesso che la legge del profitto per pochi regnasse incontrastata, a tutti costi. Queste liberal economies hanno permesso al grande business di aprire fabbriche e produzione dove la manodopera costa meno e in quattro e quattr'otto lasciare comunità intere nel lastrico. Questo è stato usato da movimenti politici ultra-conservatori che capitalizzano sulla paura e l'ignoranza verso chi è diverso e chi è "straniero" per dare l'impressione che l'immigrato "porta via il lavoro", allo scopo di nascondere la mancanza di investimento sociale, educativo ed economico, sopratutto al di fuori di Londra. Chi ha vedute più moderne ha dato per scontato che questo tipo di discriminazione fosse ovviamente sbagliata e anziché spiegare il perché fosse importante creare un'economia per tutti, ha solo rimproverato di "razzismo" chi ha perso il lavoro e accusa gli immigranti, senza riconoscere però un legittimo bisogno di lavorare di queste persone. Purtroppo anche nel mondo delle pari opportunità l'approccio per troppo tempo è stato quello di rimproverare chi ha difficoltà ad applicare la legge (Equality Act 2010) al punto che è scattato quasi un rifiuto verso i principi dell'inclusione. Ma l'inclusione non è un punto di arrivo finale ma è un punto di partenza che si rinnova continuamente: è un viaggio, non una destinazione. Quello che manca adesso nel Regno Unito nel campo delle pari opportunità sono leaders che incoraggiano i datori di lavoro a essere inclusivi e a capire non solo la legge ma il vantaggio economico di assumere impiegati sotto le categorie protette. Ci vogliono pù leaders capaci di insegnare che l'inclusione in maniera compassionevole senza "svergognare" chi prova a fare la differenza e a volte sbaglia. Chi lavora nel campo delle pari opportunità deve abbandonare atteggiamento da "controllore" e invece rafforzare il cambiamento parlando positivamente dei piccoli passi nell'inclusione, anche se imperfetti. In un mondo di social media dove tutti sono pronti a giudicarti immediatamente e ferocemente, i datori di lavoro pensano solo a non perdere la faccia, non a capire davvero perché l'inclusione è importante. Quindi io proporrei a chi lavora nelle pari opportunità: anziché aspettare alla meta con il cronometro in mano, puntando il dito a chi non arriva in fretta, perché invece non tendere la mano e dire "ti accompagno nel tuo viaggio verso l'inclusione?"»

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 22 Settembre 2018

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