E-mail tra vantaggi palesi e insidie nascoste (NAE, Anno VII n. 25/2008)

E-mail tra vantaggi palesi e insidie nascoste (NAE, Anno VII n. 25/2008) 
Intervista a Donatella Petretto e Antonella Chifari 
 Articolo ripubblicato su Megachip. NAE, Anno VII n. 25/2008

La prima fu inviata nel 1971 ma nessuno ricorda il suo contenuto. Eppure la posta elettronica oggi è utilizzata da milioni di persone e in alcuni casi e divenuta uno strumento insostituibile: attualmente vengono inviati da 100 a 200 miliardi di messaggi al giorno. Ray Tomlinson, l’ingegnere statunitense che creò l’e-mail, ritiene di aver digitato la prima fila di tasti alfabetici della tastiera "qwertyuiop" o forse, ancor meno poeticamente, "testing 1 2 3 4". Tomlinson inventò "orave", un codice che poteva trasferire documenti da un computer all'altro, poi perfezionò la sua creazione inserendo il simbolo "@" per distinguere i messaggi indirizzati alla stessa macchina da quelli invece mandati attraverso la rete. Il simbolo, come spiega lo storico Sergio Tognetti (Università di Cagliari) compare in una lettera del 1536 per indicare l’unità di misura anfora, lettera citata nell’opera di Federigo Melis (Storia della Ragioneria. Contributo alla conoscenza e interpretazione delle fonti più significative della storia economia, Bologna, Zuffi, 1950) [1] 
 Il sistema introdotto da Tomlinson diventò immediatamente il normale canale di comunicazione tra i partecipanti al progetto Arpanet, precursore della rete Internet. Tuttora la posta elettronica è lo strumento più utilizzato della rete Internet e il sistema più diffuso per l'interazione sociale in rete, nonostante la nascita di nuovi sistemi di comunicazione e condivisione on-line. Dopo tanti anni possiamo chiederci cosa è diventata oggi la posta elettronica, per quali scopi viene usata e se corre qualche rischio. Attualmente innumerevoli indirizzi ci vengono forniti in svariate circostanze e spesso ci viene richiesta una casella e-mail per accedere a servizi telematici o per registrarsi in siti informativi. 
Quello che non tramonta è l’impiego originario dell’e-mail: lo scambio di messaggi, la comunicazione interpersonale, la notifica di informazioni. 
Ma la posta elettronica è diventata anche un immenso archivio, un deposito di conoscenza, del quale ci serviamo in numerose circostanze: vi conserviamo testi, dati, numeri di telefono e indirizzi e-mail, ma anche documenti di vario formato, dalle foto ai video. Non è infrequente trovarsi nella condizione di recuperare materiale digitale accumulato in uno o più account di posta elettronica. Oggi, con l’avvento del Web 2.0 (quello delle risorse condivise, gratuite e facili da usare) accanto alla posta elettronica disponiamo anche di agende, calendari e appuntamenti, spesso condivisi con numerosi utenti. L’età non sembra intaccare la posta elettronica nonostante il dilagare delle reti sociali (social network): la nuova frontiera della comunicazione telematica. Le reti sociali si sviluppano in Internet nel 2001 con il “Circle of Friends” e divengono popolari due anni dopo con “Friendster” precursore di alcune centinaia di sistemi simili esistenti oggi, da MySpace a Facebook. La caratteristica di questi sistemi è la creazione, estremamente semplificata e gratuita, di un profilo per ciascun utente, contenente dati, immagini, filmati, bacheche per lo scambio di brevi messaggi di testo. 
L’E-mail non corre alcun rischio poiché questi servizi invadono solo parzialmente il campo della posta elettronica e nel contempo si servono di essa per diffondersi. ECCESSO DI POSTA Ora, se qualche problema ha intaccato l’e-mail, la causa va ricercata proprio nelle sue stesse caratteristiche: la sua semplicità e universalità. E questo problema ha un nome: spam. Ricevere posta indesiderata in quantità notevoli non arreca solo fastidi e perdite di tempo. Si calcola che solo in Europa circolino circa 90 miliardi di messaggi indesiderati. E negli Usa ogni anno la perdita di attenzione causata dall’intasamento della casella e-mail provocherebbe alle imprese private e agli uffici pubblici danni per circa 800 milioni di dollari. Oggi solo pochissime persone possono vantare di non ricevere messaggi di posta indesiderata. Per tutti gli altri utenti della rete Internet il tempo trascorso nello smistare la posta ricevuta varia da pochi minuti e un’ora o più al giorno: buona parte impegnata nel distinguere l’e-mail buona da quella cattiva. Nella sola Europa i messaggi pubblicitari rappresenterebbero il 90% di tutte le mail inviate, ovvero 61 miliardi di messaggi al giorno: fino a tre settimane lavorative all’anno se ne vanno in fumo per i danni da spam. Secondo uno studio dell’Iit-Cnr il tasso di spam in Italia nel 2006 è stato di circa il 66%: “A fronte di 2.846.282 messaggi di posta ricevuti, poco meno di 970 mila sono stati classificati come puliti.” [2] 
Secondo il sociologo polacco Zygmunt Bauman: “Come tutti gli altri prodotti di mercato, anche la quantità di informazione che circola in internet è molto al di sopra della capacità di assorbimento e di utilizzazione del consumatore” [3] 
La prima e-mail spazzatura viene fatta risalire al 3 maggio 1978, quando un venditore di computer, Gary Thuerk, invitò un grande numero di utenti della rete Arpanet alla presentazione del nuovo modello di calcolatore della sua azienda scatenando le proteste degli utenti. Ma perché questo nome? Si chiamava Spam la carne in scatola prodotta della Hormel Foods Corporation, nome nato dalla contrazione di spiced ham, reso celebre da un episodio della serie televisiva britannica Monty Python’s Flying Circus (trasmessa dalla BBC dal 1969 al 1974) in cui si vede una coppia in un locale frequentato da guerrieri vichinghi (divoratori, inutile dirlo, di scatolette Spam) alle prese con un’inflessibile cameriera che propone: “...spam spam spam uova e spam; spam spam spam spam spam spam fagioli abbrustoliti spam spam spam...” [4] 
Purtroppo dietro lo spam si cela un nuovo problema per la nostra amata posta elettronica. È il "Phishing" (espressione traducibile con "far abboccare all'amo") ovvero la truffa via e-mail ideata per sottrarre con l’inganno pin e numeri di carte di credito, password, informazioni personali, dati su conti in banca. Si basa sull’invio di messaggi confezionati in modo da apparire come autentiche richiesta provenienti da istituti bancari. Il truffatore telematico (phisher) si serve dei dati forniti dall’incauto utente per accedere a conti online e prelevare denaro. Anche in questo caso la rete Internet non si rivela altro che specchio della realtà: i truffatori telematici sanno che tra migliaia di utenti qualche sprovveduto ci sarà sempre e il loro sforzo avrà prima o poi successo. La storia delle truffe on-line è lunga e inizia con e-mail siglate Bank of Africa, ma, per restare in Italia, il fenomeno esplose nel 2005 con ripetuti tentativi di estorcere denaro con mittenti come Banca Intesa, Banca di Roma, Fineco, Unicredit, fino a individuare quello che è tuttora il bersaglio prediletto: Poste Italiane. La sequela di truffe prosegue ancora con false proposte di lavoro, false proposte d’acquisto di Rolex, Viagra e altri oggetti miracolosi e a buon mercato. Poi le false notifiche della Guardia di Finanza per mancati versamenti d’imposte, i falsi avvisi di garanzia, le false notifiche di contravvenzioni (con Subject del tipo: “Amm. Sanzioni CS Art. 141 codice della strada allegato da 45 kb”). Rimedi? Esistono sistemi più o meno sofisticati (e più o meno costosi) in grado di riconoscere lo spam, ma la prima arma di difesa da queste minacce è la nostra attenzione: quasi sempre siamo in grado di individuare un elemento rivelatore dell’inganno. Di fronte a un messaggio con un titolo sgrammaticato (“Per i motivi di sicurezza abbiamo sospeso il Vostro conto corrente”) o il cui testo appare chiaramente inadeguato al (sedicente) mittente (“Sono capitano della polizia Prisco Mazzi. I risultati dell'ultima verifica hanno rivelato che dal Suo computer sono stati visitati i siti che trasgrediscono i diritti d'autore”) ci si rende conto, con un sorriso, dell’inconsistenza della comunicazione ricevuta. In fondo, di fronte al rischio di incorrere nei falsi positivi (messaggi buoni presi per spam), perdere qualche minuto per verificare i casi incerti è un sacrificio che può essere affrontato. 
 CALO DI FIDUCIA? Questa inarrestabile invasione delle caselle e-mail ha determinato qualche cambiamento nell’atteggiamento degli utenti della rete Internet, decretando un calo di fiducia in particolare nei confronti del commercio elettronico. Eppure una delle caratteristiche della posta elettronica era proprio la capacità di semplificare le comunicazioni e di infondere fiducia nel ricevente. E questa dote è sempre apprezzata quando, per ragioni professionali, di studio, di ricerca, si rende necessario entrare in contatto con esperti di cui fino a quel momento avevamo solo letto la firma su libri e articoli. Parlando di questo problema con utenti di svariate provenienze, a volte sembra di trovarsi di fronte a due atteggiamenti opposti: generalmente la stima nei confronti del mezzo si mantiene invariata ma aumentano le strategie difensive e la prudenza. Allora, quali meccanismi mentali permettono di distinguere lo spam dall'email “buona”, per esempio da una richiesta di collaborazione di un collega straniero? Lo abbiamo chiesto a Donatella Petretto, neuropsicologa del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Cagliari. "L’utilizzo della posta elettronica ha sicuramente rappresentato un importantissimo vantaggio per chi si occupa di ricerca, in qualunque sede lo faccia, sia per i contatti di ricerca sia per il recupero di materiale bibliografico. Ricordo a metà degli anni 90 era spesso molto difficile recuperare un articolo se ci si trovava in una periferica sede di ricerca, spesso dotata di biblioteche poco fornite. La disponibilità della rete internet ha improvvisamente reso molto più semplice reperire fonti bibliografiche, sia attraverso la disponibilità di banche dati online, importantissime per i ricercatori, sia per la facilità con la quale è possibile reperire un indirizzo e-mail di un collega, che magari si trova dall’altra parte del mondo, ma con il quale la comunicazione può essere istantanea. E spesso è talmente istantanea da ottenere subito una risposta e magari poter avere quasi istantaneamente quella o quelle informazioni che avresti voluto condividere con quel collega. Anche in situazioni quasi impensabili. Ricordo con piacere che per esempio qualche tempo fa per una ricerca avrei voluto contattare un docente di origine egiziana che da molti anni vive negli Stati Uniti. Ero veramente molto interessata ai suoi lavori ed al suo punto di vista sulla disabilità e mi sarebbe piaciuto poterlo contattare direttamente, ma nutrivo qualche perplessità legata al fatto che avendo egli pubblicato i suoi primi lavori negli anni 50 probabilmente avrebbe potuto avere un’età molto avanzata. Ricordo di non essermi arresa e di aver cercato il suo indirizzo di posta elettronica attraverso un comune motore di ricerca. Ho subito trovato due indirizzi diversi corrispondenti allo stesso nome, forse un caso di omonimia, oppure si sarebbe potuto trattare della stessa persona con più indirizzi. Ho inviato una mail agli entrambi indirizzi e quasi istantaneamente ho ricevuto due risposte, una delle quali del ricercatore che con piacere dava seguito alla mia richiesta di informazioni e con il quale è iniziata una proficua collaborazione di ricerca. Pur avendo egli ormai circa novanta anni, la sua disponibilità attraverso la posta elettronica è stata immediata e completa. La presenza di spam è sicuramente un grosso limite potenziale alle comunicazioni di ricerca e spesso capita che su 45 messaggi nuovi ve ne siano solo pochi realmente importanti, mentre tutti gli altri sono un inutile ingombro per la casella di posta elettronica. I programmi antispam sono in genere solo parzialmente validi, ma la lettura dei messaggi è a mio parere l’unico strumento veramente efficace.” Perché nelle collaborazioni accademiche le interazioni telematiche spesso sono contraddistinte da una significativa apertura e di disponibilità? “Credo che in generale vi sia nella comunità scientifica un’apertura verso le comunicazioni, gli scambi e la volontà di diffondere le proprie idee, ricerche e conoscenze e confrontarle con quelle di altri ricercatori. Sicuramente la posta elettronica facilita ciò anche in quelle persone che nell’interazione vis a vis o telefonica potrebbero essere maggiormente timidi od impacciati. Occorre anche dire che scrivere una mail è sicuramente più veloce e richiede meno impegno progettuale che inviare una lettera nella modalità cartacea e quindi per esempio l’invio di un proprio articolo di ricerca è molto più semplice ed istantaneo. Anche per la comunicazione in lingue diverse dalla propria, la scrittura al computer è facilitante perché può avvenire mediante l’utilizzo di strumenti di ausilio come il correttore ortografico o il predittore di parola o traduttori online. Da un punto di vista psicologico sicuramente agiscono altri fattori tra cui la creazione di un interlocutore immaginario, magari corrispondente ad un proprio ideale, che può renderci meno timidi o impacciati, laddove nell’interazione vis a vis questo meccanismo può essere meno efficace o temporalmente più contenuto. Per quanto concerne sé stessi avviene un meccanismo simile, si scrive creando una sorta un proprio corrispondente virtuale, quasi un avatar direi, che mettiamo in campo nell’interazione e che possiamo sfruttare per superare le eventuali difficoltà di interazione. Credo non sia un caso il fatto che in alcune forme di comunicazione istantanea come le chat per esempio ciascuno di presenta un proprio avatar.” Quali meccanismi abbassano la soglia di autocontrollo nelle nostre azioni, ad esempio l'invio di email con pesanti commenti su una persona o considerazioni che non avremmo mai pronunciato a voce? “Ecco che in continuità con quanto detto prima si possono creare meccanismi di disinibizione di tipo verbale (scritta, in questi casi) attraverso i quali la persona giunge a comportarsi in maniera meno controllata di quanto farebbe nelle interazione vis a vis. Esistono numerosi esempi di tipo aneddotico in questo senso.” E c’è qualcosa che cambia nella comunicazione interpersonale 'normale' in chi usa intensamente la posta elettronica? “La comunicazione mediante la posta elettronica ha il carattere della quasi simultaneità e del funzionamento ipertestuale. Si scrive e si riceve molto velocemente la risposta, spesso nel testo è contenuto il rimando diretto o la citazione della e-mail cui si risponde e ciò spesso facilita la continuità. La comunicazione è veloce e vi possono essere molte abbreviazioni, anche rispetto ad alcune convenzioni sociali. In una conversazione via e-mail si possono anche omettere i saluti nei messaggi intermedi e rispondere semplicemente al messaggio precedente o parti di questo, anche mediante le citazioni di cui si è detto. Potrebbe esservi la medesima tendenza anche nella comunicazione interpersonale e questo potrebbe renderla complessa e creare situazioni di imbarazzo. Occorre anche dire che la comunicazione via posta elettronica ha un elemento mancante è quello relativo alla prosodia, elemento paralinguistico molto importante nella comunicazione verbale che spesso consente di comprendere delle situazioni di ambiguità, distinguere le affermazioni scherzose da quelle che non lo sono, l’ironia dal sarcasmo, eccetera. Nelle comunicazioni via posta elettronica tali elementi spesso mancano e questo potrebbe essere motivo di imbarazzo o di creazione di situazioni ambigue. L’utilizzo dei cosiddetti emoticons, cioè dei segnali grafici che rappresentano le emozioni di colui che scrive possono essere di ausilio nella comprensione delle ambiguità ma non è detto che sempre siano efficaci.” PRIMA DI SPEDIRE, PENSACI BENE Nel libro “Send, The Essencial Guide to e-mail for Office and Home” [5] – frutto di un progetto di ricerca teso ad analizzare il comportamento degli internauti – David Shipley e Will Schwalbe sostengono che durante la stesura di una comunicazione di posta elettronica si verifica una sorta di distacco dalla realtà. Secondo gli autori nel momento di compilare e inviare un messaggio spesso non ci si rende esattamente conto di quello che si sta per fare: la spedizione di un documento digitale lascia tracce indelebili e il suo contenuto può essere rispedito a destinatari diversi da quelli originali. Il libro di Shipley e Schwalbe riporta una lunga anedottica in tal senso (litigi, cause legali, licenziamenti e divorzi causati da imprudenti invii di e-mail) e una serie di consigli semplice, ma spesso disattesi, come non usare l'indirizzo aziendale per comunicazioni private; prestare attenzione al soggetto e ai destinatari, compilare l’e-mail evitando ambiguità, imprecisioni, ironia e sarcasmo. 
Ma davvero l'e-mail può indurre uno stato di disinibizione tale da indurci in errori così madornali? Si tratta di distrazione o le cause sono più profonde? 
Abbiamo chiesto un parere a Antonella Chifari, psicologa e ricercatrice all'Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR di Palermo, studiosa delle dinamiche della rete, anche rispetto ai riflessi sulla vita. ”Mi sembra eccessivo parlare di ‘sospensione della consapevolezza’ o ‘distacco dalla realtà’. Ritengo verosimile che durante la stesura di una comunicazione di posta elettronica il soggetto sia attivo su più fronti e così la sua attenzione focale o selettiva viene minata. Questo potrebbe distrarlo da alcuni importanti meccanismi, come la scelta dei destinatari e lo stesso invio, i quali hanno assunto carattere di automatismo e a volte si innescano senza un controllo diretto. Probabilmente essere meno razionali e controllati nella comunicazione telematica può anche avere dei vantaggi, a patto che si resti entro i limiti della buona educazione, come essere più spontanei e fare affermazioni che non si avrebbe il coraggio di esprimere di persona o al telefono.” Perché la posta elettronica, nonostante lo spam, continua a infondere fiducia? “A mio avviso le motivazioni potrebbero essere due: la prima di ordine percettivo, la seconda di ordine valoriale. Nella prima ipotesi potrebbe accadere che nella lista dei messaggi di spamming, del tutto uniforme nello stile, emerga un elemento discriminate al quale siamo portati in termini percettivi a dare risalto e quindi ad aprirlo e leggerlo. Non per nulla molti esempi di spam danno risalto al subject, nella speranza che qualcuno ci caschi. Ma ormai la maggior parte degli utenti ha l'occhio molto vigile e raramente cade nella trappola. Nella seconda ipotesi, soprattutto se usiamo la posta per lavoro, la possibilità che qualche persona autorevole ci scriva è concreta e quindi non si indugia a pensare e si legge con fiducia. Aprire il messaggio diventa assolutamente normale e quasi automatico.” Ma l’uso frequente di e-mail e sms contribuisce a renderci più frenetici e compulsivi nei rapporti interpersonali? ”Sono del parere che questi mezzi influenzino il nostro modo abituale di comunicare, ma ritengo utile una distinzione sia per quanto concerne l'età sia in relazione al tempo dedicato all'uso di questi mezzi di comunicazione. Solamente un utilizzo "maniacale", improprio, potrebbe creare dipendenze di vario genere e modifiche comportamentali.” 
MUTAMENTI RADICALI L’e-mail si è ritagliata uno spazio significativo accanto al telefono e alla lettera tradizionale, rosicchiando terreno a entrambe, ma senza sostituirsi a esse. Oggi la posta elettronica convive con sms e social network, fornendo reciproche occasioni di integrazione. Tuttavia il successo dell’e-mail ha imposto anche qualche mutamento profondo nella comunicazione. E non solo dal punto di vista tecnico. Lo racconta, seguendo la lunghissima e affascinante epopea dei rapporti epistolari, lo storico Armando Petrucci (Professore ordinario di Paleografia Latina alla Normale di Pisa dal 1991) in “Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria”. “Il cambiamento radicale imposto nel mondo contemporaneo avanzato dal nuovo strumento elettronico di comunicazione – scrive Petrucci – riguarda inevitabilmente anche la struttura e il formulario delle singole comunicazioni scritte”. [6] 
L’influenza delll’e-mail sarebbe stata tale da violare lo stesso schema testuale della lettera occidentale, rimasto immutato dall’età classica fino all’altro giorno: “espressioni di apertura come ‘caro’, ‘dear’, ‘mon cher’, ‘estimado’ sono ignorate o, se usate, costituiscono motivo di fastidio o di irrisione. Il testo è, in genere, ridotto al minimo, povero, schematico, anche se nulla vieterebbe di scrivere complesse e ponderate lettere elettroniche lunghe anche il corrispondente di quattro, cinque pagine e più ” La colpa è del mezzo elettronico? No, ancora una volta dipende dall’uso che se ne fa: l’impoverimento delle espressioni epistolari, secondo Petrucci, viene causato dai nuovi miti: quelli della rapidità e dell’essenzialità comunicativa. Così la posta elettronica, questo meraviglioso strumento in grado (almeno in parte) di semplificare la vita e il lavoro di moltissime persone, cade vittima delle sue stesse virtù. In questo caso sul banco degli imputati sale la leggendaria rapadità dell’e-mail. Rapidità che mette fretta e induce a trascurare l’attenzione ai particolari. Il rimedio in questo caso non può che essere il solito: rallentare. Senza dimenticare di rileggere, ovviamente prima di spedire. 
ANDREA MAMELI 

NOTE 
[1] Sergio Tognetti, Dizionario degli storici di Firenze 
[5] David Shipley e Will Schwalbe, “Send, The Essencial Guide to e-mail for Office and Home” (Knopf Publishing Group, 2007) sito ufficiale del progetto: http://www.thinkbeforeyousend.com/ 
[6] Armando Petrucci, “Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria”, pagina 193 (Laterza, 2008)

Commenti

Post popolari in questo blog

Ogni cosa è collegata: Gabriella Greison a Sant'Antioco il 24 giugno (e non è un caso)

La tavoletta di Dispilio. Quel testo del 5260 a.C. che attende di essere decifrato

Solar system genealogy revealed by extinct short-lived radionuclides in meteorites. Astronomy & Astrophysics, Volume 545, September 2012.