Sapiens: autobiografia dell'umanità. A Trento la mostra sul percorso dell'Uomo per congedarsi dal Museo della Scienza (L'Unione Sarda, 4 gennaio 2013
Siamo l'unica specie sulla Terra, per quanto ne sappiamo, che prova a rappresentarsi e a raccontare la propria storia. Ne è un esempio la mostra “Homo Sapiens. La grande storia della diversità umana” inaugurata a Trento il 20 settembre, ideata da Luca Cavalli Sforza e Telmo Pievani.
La prima sezione, “Mal d’Africa” racconta i primi passi dell’umanità, milioni di anni fa, prima in Africa e poi in Europa e Asia, con una ricostruzione degli eventi arricchita da fossili originali. La seconda, “La solitudine è un’invenzione recente”, illustra la nascita della nostra specie, avvenuta circa 200.000 anni fa in Africa, e la convivenza con altre forme umane fino a 12.000 anni fa. La terza, “I geni, i popoli e le lingue”, presenta la rivoluzione culturale del Paleolitico, con il suo potente bagaglio simbolico rappresentato dalla nascita dell’arte e delle tecniche. La quarta sezione, “Homo sapiens, la specie planetaria”, mostra l'importanza dell’invenzione dell’agricoltura, avvenuta 10 mila anni fa.
Il filo conduttore è rappresentato dall’esplorazione e dallo spostamento degli umani. La mostra si conclude con un gioco impossibile: raggruppare le facce dei Sapiens in base alla forma del viso e al colore della pelle. I visitatori scoprono l'inconsistenza del concetto di razza e nello stesso tempo la formidabile varietà della nostra specie.
A Guido Barbujani, Presidente dell'Associazione Genetica Italiana, in visita alla mostra, abbiamo chiesto un parere sul questa rappresentazione della nostra specie.
Barbujani, ma le razze umane esistono o no?
«No, nessuno è mai riuscito a definire in maniera scientifica quante e quali siano le razze dell'umanità. Il senso dell'esperimento che proponiamo nella mostra è proprio di fare scoprire ai visitatori che ognuno raggruppa i suoi simili a modo suo.»
Cosa manca per una descrizione completa della nostra specie?
«Ci manca ancora tanto per ricostruire una vicenda durata migliaia di secoli e che ha interessato tutto il pianeta. Però abbiamo capito molte cose: gli antenati di tutti noi erano in Africa e tante specie umane diverse si sono succedute sulla Terra, ma solo una, la nostra, è rimasta.»
A cosa serve lo studio del DNA umano?
«Ci ha fatto capire molto, ma non ancora abbastanza, sul perché ci ammaliamo, su perché certi farmaci ci fanno bene e altri no, e su come siamo arrivati ad essere come siamo. Si può dire che siamo tutti differenti e tutti parenti.»
La mostra, aperta fino al 13 gennaio, sarà l'ultima nello storico Museo della Scienza di Trento: quest'estate sarà inaugurato il nuovo museo, progettato da Renzo Piano. A Michele Lanzinger, che lo dirige, abbiamo chiesto qual'è il significato di un museo della scienza a Trento. «Il museo è un importante punto di riferimento culturale: il 60% della popolazione scolastica della provincia di Trento passa per le nostre sale. Nel mese di luglio di quest'anno inaugureremo la nuova sede del museo della scienza: sarà un centro in grado di valorizzare le radici dell'ambiente locale e di dialogare con le persone, ma anche di offrire un ponte verso la scienza e la tecnologia del futuro, sempre attraverso una visione di sostenibilità. Il tutto con laboratori aperti al pubblico, di esposizione, di ricerca, di interazione e di educazione.»
La prima sezione, “Mal d’Africa” racconta i primi passi dell’umanità, milioni di anni fa, prima in Africa e poi in Europa e Asia, con una ricostruzione degli eventi arricchita da fossili originali. La seconda, “La solitudine è un’invenzione recente”, illustra la nascita della nostra specie, avvenuta circa 200.000 anni fa in Africa, e la convivenza con altre forme umane fino a 12.000 anni fa. La terza, “I geni, i popoli e le lingue”, presenta la rivoluzione culturale del Paleolitico, con il suo potente bagaglio simbolico rappresentato dalla nascita dell’arte e delle tecniche. La quarta sezione, “Homo sapiens, la specie planetaria”, mostra l'importanza dell’invenzione dell’agricoltura, avvenuta 10 mila anni fa.
Il filo conduttore è rappresentato dall’esplorazione e dallo spostamento degli umani. La mostra si conclude con un gioco impossibile: raggruppare le facce dei Sapiens in base alla forma del viso e al colore della pelle. I visitatori scoprono l'inconsistenza del concetto di razza e nello stesso tempo la formidabile varietà della nostra specie.
A Guido Barbujani, Presidente dell'Associazione Genetica Italiana, in visita alla mostra, abbiamo chiesto un parere sul questa rappresentazione della nostra specie.
Barbujani, ma le razze umane esistono o no?
«No, nessuno è mai riuscito a definire in maniera scientifica quante e quali siano le razze dell'umanità. Il senso dell'esperimento che proponiamo nella mostra è proprio di fare scoprire ai visitatori che ognuno raggruppa i suoi simili a modo suo.»
Cosa manca per una descrizione completa della nostra specie?
«Ci manca ancora tanto per ricostruire una vicenda durata migliaia di secoli e che ha interessato tutto il pianeta. Però abbiamo capito molte cose: gli antenati di tutti noi erano in Africa e tante specie umane diverse si sono succedute sulla Terra, ma solo una, la nostra, è rimasta.»
A cosa serve lo studio del DNA umano?
«Ci ha fatto capire molto, ma non ancora abbastanza, sul perché ci ammaliamo, su perché certi farmaci ci fanno bene e altri no, e su come siamo arrivati ad essere come siamo. Si può dire che siamo tutti differenti e tutti parenti.»
La mostra, aperta fino al 13 gennaio, sarà l'ultima nello storico Museo della Scienza di Trento: quest'estate sarà inaugurato il nuovo museo, progettato da Renzo Piano. A Michele Lanzinger, che lo dirige, abbiamo chiesto qual'è il significato di un museo della scienza a Trento. «Il museo è un importante punto di riferimento culturale: il 60% della popolazione scolastica della provincia di Trento passa per le nostre sale. Nel mese di luglio di quest'anno inaugureremo la nuova sede del museo della scienza: sarà un centro in grado di valorizzare le radici dell'ambiente locale e di dialogare con le persone, ma anche di offrire un ponte verso la scienza e la tecnologia del futuro, sempre attraverso una visione di sostenibilità. Il tutto con laboratori aperti al pubblico, di esposizione, di ricerca, di interazione e di educazione.»
Andrea Mameli
L'Unione Sarda - 4 Gennaio 2013 (pag. 37, Cultura)
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