Pensieri sul set (3). Il senso del ciak.

ciak La prima cosa che noti è che il ciak italiano ha l'asticella, clachette, in basso, mentre quello americano in alto. Lo noti perché hai visto il ciak americano in tanti film e quello italiano ti sembra sbagliato. Poi noti che la tavoletta contiene una serie di informazioni: sono i dati indispensabili al montatore per identificare i diversi punti del girato. Troviamo il titolo del film, il numero della scena (scene), il numero della ripresa (take), il numero dell'inquadratura (roll). Oltre ovviamente la data della riptesa e il nome del regista.
Scopri anche che l'uso del ciak richiede una precisa sequenza: il regista grida "motore!", poi il fonico annuncia l'accensione della registrazione sonora: "partito!", infine l'assistente operatore grida "ciak!". A quel punto l'operatore ciacchista legge a voce alta quanto è scritto sul ciak e sbatte con forza l'asticella. La sequenza viene chiusa dal regista che annuncia "azione!".
Ma il ciak, in inglese clapperboard, non fornisce solo l'inizio di una sequenza di controlli e di conferme indispensabile a dare l'avvio alla scena: è anche un simbolo del cinema proprio perché racchiude tutta la magia dell'esperienza cinematografica. E ho imparato che è bene portare la concentrazione al massimo nel momento del ciak, consoderandolo come il punto di non ritorno. Sono gli istanti in cui anche se sei circondato da molte persone ti senti davvero solo. Una condizione che fa della recitazione cinematografica un fatto veramente intimo e speciale.
Prima dell'inizio della scena non hai neppure il tempo di ripassare mentalmente la tua parte, e quando il regista grida azione tutto il resto sparisce. Le emozioni non esistono. Tu non esisti. Esiste solo il tuo personaggio. Esiste solo il film.
Sul set di Bellas Mariposas ho imparato che le decine di persone impegnate nella riuscita di un film meritano rispetto e quando tocca a te devi farti trovare pronto.
Dopo il ciak sei davvero solo e non puoi chiedere aiuto a nessuno.
Ecco, il senso del ciak forse è racchiuso proprio in questa condizione di isolamento, insieme debolezza e forza.
Testo e foto: Andrea Mameli per www.linguaggiomacchina.it 
3 Ottobre 2011

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